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Nato nel 1985 e inaugurato nel 1989, il Museo delle Culture conserva la maggior parte della straordinaria collezione donata da Serge Brignoni (1903-2002). L’artista ticinese, fine conoscitore di arte etnica, acquistò i capolavori dell’arte primitiva nel lungo periodo che va dal 1930 alla metà degli anni '80, quando decise di donare la sua preziosa raccolta alla Città di Lugano. Il contratto tra il generoso mecenate e l'allora Capo Dicastero Musei e Cultura della Città di Lugano, Benedetto Bonaglia, venne ufficializzato il 25 novembre 1985. La Città di Lugano destinò a sede del futuro Museo, che avrebbe ospitato permanentemente la Collezione, l'Heleneum. Questa splendida villa d'ispirazione neoclassica, appartenuta ad un’altra iconica cittadina luganese d’adozione, è situata in riva al lago all'interno di un suggestivo parco botanico con specie tropicali e sub-tropicali. Il Museo fu inaugurato il 23 settembre 1989 e aprì i battenti il giorno seguente. L'inventario delle opere, l'allestimento e il primo catalogo a stampa furono curati in sinergia con lo stesso Brignoni e un'équipe di ricercatori coordinati da Christian Giordano che fu nominato direttore del Museo e vi rimase fino al giugno 1992, quando si dimise per mancanza d'identità di vedute con la direzione del Dicastero. Dal dicembre 1993 al dicembre 1996, il Museo fu affidato a Carla Burani. Seguirono una decina di anni in cui il Museo, sempre meno considerato dalla politica culturale della Città, rischiò di essere chiuso. Di fronte all'ipotesi sempre più concreta di una dismissione del Museo, che portò all'ondata di proteste dell'opinione pubblica e che infiammò la stampa locale nell'estate 2004, il Municipio insediatosi quell'anno decise di rilanciare l'istituzione nominando curatore, e poi direttore, Francesco Paolo Campione che, nell'ottobre 2005, presentò il Sistema delle Attività e il Piano delle Attività che sono alla base dell'attuale assetto scientifico e gestionale del Museo.
Nella sua seduta del 10 gennaio 2007, il Municipio di Lugano ha approvato la proposta di cambiare il nome del Museo in quello di "Museo delle Culture", con decorrenza immediata. Tale decisione si fonda sulla necessità di sorpassare una definizione anacronistica e, per certi versi, impropria. Il nome "Museo delle Culture Extraeuropee" non esprimeva, infatti, la specificità del patrimonio conservato dal Museo, né una precisa vocazione progettuale, ma era soprattutto il frutto d'un compromesso ideologico che aveva caratterizzato la storia del pensiero antropologico degli anni '70 e '80 del Novecento. Il costrutto "Museo delle Culture Extraeuropee" era una soluzione che intendeva oltrepassare le vecchie definizioni di "Museo etnografico", di "Museo di Etnologia" e -poi- di "Museo delle Arti Primitive", definizioni di cui si sentiva riecheggiare alla metà degli anni '80 tutto il peso definitorio di un'alterità determinata secondo una visione del mondo etnocentrica, ma non poteva essere una soluzione in grado di esprimere l'avvenuto e definitivo assorbimento del paradigma etnologico/etnografico nel più vasto ambito delle scienze antropologiche. Il costrutto "Museo delle Culture" è una scelta positiva che esprime, da un punto di vista scientifico, in modo compiuto, il patrimonio conservato dal Museo e la sua più genuina vocazione a occuparsi in senso lato delle forme dell'arte etnica, antica e moderna, delle arti orientali e delle moderne tematiche connesse al campo dell'antropologia dell'arte e, più in generale, dell'antropologia culturale.
Una nuova strada si è aperta sul cammino del MUSEC. La volontà del Municipio di Lugano è stata infatti quella di affidare la gestione del Museo alla Fondazione culture e musei, che ne assicura il funzionamento, mantenendone l’identità, l’autonomia e l’immagine. La Fondazione permette una gestione più efficace, capace, grazie anche al trasferimento nelle nuova sede di Villa Malpensata, di generare ulteriori sinergie ed economie di scopo e di intensificare l'interazione con il territorio e con il pubblico. Il MUSEC, in tal modo, ne trae innumerevoli vantaggi, che permettono di continuare e migliorare il lavoro sin qui svolto, in tutti gli ambiti delle sue innumerevoli attività.