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23 gennaio 2009 - 26 aprile 2009, Galleria comunale «Tina Modotti» - Udine
Questo immenso omaggio agli ultimi bagliori autentici del primitivo sardo, in tensione tra modernità e tradizione, è il risultato del lavoro assiduo svolto da un instancabile e scrupoloso esploratore che per 3 anni passò a setaccio l’isola sarda. Una caccia impertinente ma al contempo ossequiosa,di cui ritrasse l’essenziale.
Esposta anche:
Nel dicembre del 1932, il filologo friulano Ugo Pellis inizia un lungo viaggio di ricerca attraverso la Sardegna, che lo porta, nel volgere quasi ininterrotto di tre anni, a indagare sistematicamente la struttura e le peculiarità della lingua sarda, per la stesura del celebre Atlante Linguistico Italiano. Nel corso del suo lavoro «nobilissimo ma gravissimo», in parte insieme alla moglie Nelda, Pellis visita 124 località diverse dell'Isola, percorrendo a piedi, sul dorso di muli e sulle traballanti ruote d'una Balilla donata dal Duce, migliaia e migliaia di chilometri, col suo carico di album d'illustrazioni, di questionari filologici, di taccuini da campo e di carte geografiche, che lo fanno spesso apparire agli occhi della gente un personaggio misterioso e buffo. Nel suo bagaglio anche un corredo di lastre fotografiche (poi di pellicole) utilizzate per ritrarre la realtà che circonda il suo universo di parole: uomini e cose che, nell'immaginario dello studioso educato a Vienna e a Innsbruck si configurano, sin dall'inizio, come una sorta d'inesauribile campionario di archetipi della «mediterraneità». Mediante le fotografie, che fanno il paio con i meticolosi Questionari linguistici che impartisce alle centinaia di suoi informatori, Pellis mette in posa il mondo e lo ritrae col sotteso proponimento di rendere essenziali le cose e le persone, di restituirle al loro contesto lessematico, di evidenziarne i tratti compositivi e i legami, all'interno di un sistema/cultura idealmente ricalcato sul sistema/lingua che deriva dal lavoro di ricerca sul campo, attraverso il quale compone il suo Atlante. Dalle sue fotografie emergono il gusto di mettere in rapporto tra loro i volumi e le forme, il tentativo di restituire sensazioni prodotte da paesaggi nonché una ricerca frequente dell'inquadratura capace di rivelare come le piccole cose rimandino alle grandi, in un gioco sorprendente di miniaturizzazioni culturali. Le 36 opere in esposizione sono state tutte riprodotte a partire dai negativi di Pellis conservati dalla Società Filologica Friulana e stampati su carta baritata dalla tipografia d'arte Fotociol di Casarsa della Delizia (UD). La logica sottesa dell'esposizione è quella di un continuo gioco di rimandi visivi fra gli oggetti e le persone ritratte, che compone la rete della complessità degli aspetti della cultura locale, indagati filologicamente dallo studioso udinese. Si tratta di un percorso sorprendente, dagli esiti antropologici e visivi tutt'altro che scontati.
Ugo Pellis nasce il 9 ottobre 1882 a Fiumicello (UD). Si dedica agli studi di filologia e linguistica romanza e germanica inizialmente presso l'Università di Innsbruck, dove lavora sotto la guida di Theodor Gartner (1843-1925) pioniere delle ricerche sulle lingue retoromanze, ed in seguito all'Università di Vienna. Dopo alcune esperienze nell'insegnamento, all'inizio del Novecento intraprende le prime indagini. Dal 1907 i suoi scritti appaiono regolarmente sulle riviste scientifiche friulane mentre nel primo decennio del secolo pubblica le sue prime prose in lingua friulana (La ciana gargàna, Al rusignùl svuarbat). La sua attività scientifica s'intensifica col trascorrere del tempo, inquadrandosi metodologicamente nell'ambito delle grandi indagini linguistiche volte alla costruzione di aree culturali sulla base di tratti geofonetici. Da tali ricerche deriveranno i primi grandi Atlanti linguistici. Nel clima di grande fervore per la filologia, Pellis è fra i fondatori della Società Filologica Friulana (1919) di cui sarà presidente, dal 1920 al 1923. Negli anni a seguire egli partecipa all’ideazione, formulazione e stesura dell’Atlante Linguistico Italiano (ALI) dedicandosi in particolar modo alla stesura e alla sperimentazione della ricchissima scheda da campo (il celebre «Questionario») che sulla centralità del dato linguistico permette al ricercatore di restituire un'immagine profonda e articolata del sistema di tratti culturali locali correlati all'argomento in questione. Dal 1925 al 1943, grazie anche all'ottenimento della concessione dell'esonero dall'insegnamento, il filologo friulano compie numerosi e continui rilevamenti linguistici in Italia e nelle zone alloglotte dell’Istria e della Dalmazia, sempre con la massima serietà e fedeltà al suo metodo d'indagine. Il suo maggior contributo alla ricerca filologica italiana è probabilmente dato dai tre anni di ricerca sul campo che trascorre in Sardegna dal dicembre del 1932 al Giugno 1935. La documentazione filologica e fotografica raccolta durante i sette viaggi nell'Isola costituiscono quasi un terzo di tutta la sua attività di ricercatore. Prima di spegnersi a Gorizia il 17 luglio del 1943, avrà indagato 727 delle mille località previste dalla sua ricerca, lasciando un materiale immenso di carattere linguistico e fotografico che attende ancora oggi di essere in buona parte indagato in tutta la sua ricchezza.