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15 febbraio 2019 - 08 marzo 2020, MUSEC, Villa Malpensata, Spazio Cielo (terzo piano)
Lugano ritrova dopo 20 anni alcuni capolavori della Collezione Brignoni. Il Kunstmuseum di Berna ha infatti donato al MUSEC 25 capolavori d’arte etnica appartenuti all'artista surrealista ticinese Serge Brignoni e conservati, fino a pochi giorni fa, al Musée d’Ethnographie di Neuchâtel.
Alla fine del 1998, Serge Brignoni decise di donare al museo bernese una parte della sua collezione. Nel 2018, con grande generosità e spirito di collaborazione, il Kunstmuseum ha deciso di donare al Museo delle Culture questi 25 capolavori provenienti dall’Indonesia, dall’Oceania e dall’Africa che vanno ora a ricongiungersi con il grande nucleo donato da Brignoni alla Città di Lugano nel 1985 e già conservato al MUSEC.
L’idea di creare il Museo delle Culture nacque nel 1984. A quell’epoca Serge Brignoni decise di donare al Comune di Lugano quanto gli rimaneva della sua straordinaria collezione di arte etnica, a condizione che alla stessa fosse destinata una sede adeguata e che in tale luogo nascesse un museo. La sede prescelta fu l’Heleneum, una bella villa neoclassicheggiante in riva al lago, giusto all’inizio del sentiero che da Castagnola porta all’antico abitato di Gandria. Ci vollero cinque anni affinché un gruppo di giovani studiosi, sotto la vigile supervisione dello stesso Brignoni, riuscisse a portare a compimento l’impresa. Così il 23 settembre 1989 il Museo aprì al pubblico. Sin dall’inizio la concezione «primitivista» di Brignoni conflisse con la visione più marcatamente antropologica del gruppo che aveva sostenuto l’apertura del Museo. A Brignoni interessava sottolineare, in qualche modo, come le opere esposte all’Heleneum fossero parte delle fonti che avevano rinnovato i linguaggi artistici del Novecento. I giovani ricercatori, invece, vi intravedevano soprattutto un’occasione per costruire un centro di competenza che si occupasse delle culture e delle società non occidentali, come faceva d’altronde la gran parte degli altri musei etnologici svizzeri ed europei. Non era una semplice differenza di vedute: erano due veri e propri paradigmi a confronto. Da una parte la visionarietà dell’artista che aveva diviso la sua passione dell’art nègre con Giacometti e Miró; dall’altra, l’idea d’introdurre nel tessuto culturale ticinese un attore che sostenesse i temi del multiculturalismo e della sostenibilità. I risultati dei primi anni di gestione della neonata organizzazione dimostrarono che ambedue le prospettive erano probabilmente troppo ambiziose per la realtà socio-culturale e per gli interessi locali di allora. E se questo causò da un lato una progressiva crisi del progetto gestionale (riavviato soltanto nel 2005), dall’altra portò Brignoni a disamorarsi un po’ di una creatura che non riusciva più a vedere come veramente sua. Delle originali ottocento opere che egli aveva immaginato di donare al Comune di Lugano ne arrivarono 541 al momento dell’inaugurazione e altre 127 negli anni successivi. Una parte abbastanza importante della collezione rimase nella sua casa di Berna, fu venduta o destinata altrove. Il più importante dei nuclei che non giunsero a Lugano fu donato alla fine del 1998 al Kunstmuseum Bern che, a sua volta, poco tempo dopo, decise di depositarlo al Musée d’ethnographie di Neuchâtel. Uno dei punti di onore della «rinascita» del Museo delle Culture è stato ricongiungere alla collezione principale quanto ne era rimasto separato. Per farlo ci sono voluti oltre dieci anni di lavoro. Dieci anni in cui la passione, la qualità e i risultati della nostra ricerca nel campo dell’antropologia dell’arte hanno convinto tutti che la visione cullata da Serge Brignoni aveva finalmente trovato, a Villa Malpensata, la sua casa e che, quindi, sarebbe valsa la pena riunire ciò che era stato diviso.
Ritrovare un tesoro, dopo una lunga caccia, è senz’altro una grande gioia. Il percorso dell’esposizione è stato di conseguenza immaginato per dare al visitatore la possibilità di affacciarsi sui significati nascosti e sulle ricchezze di cui l’opera d’arte è, innanzi tutto, il risultato materiale. Abbiamo cercato, in altre parole, di condividere col visitatore una gioia. Non soltanto quella di chi vive il Museo come propria esperienza professionale e umana, ma anche quella che, probabilmente, dovette essere la gioia di Brignoni: scoprire e possedere espressioni di creatività che esprimevano, in così alto grado, le sue aspirazioni e gli ideali di un’intera generazione di artisti alla ricerca di una fuga dal realismo figurativo che aveva condizionato secoli di arte europea.
Per questo le opere sono esposte come se fossero state appena disimballate. E per questo accanto a ognuna di essa vi è una lunga descrizione. Abbiamo immaginato il titolo della scheda per suggerire l’emozione di chi, dell’opera, percepisce prima di tutto un valore unitario. Il contenuto della scheda è stato invece immaginato per condurre per mano il visitatore alla scoperta di alcuni valori remoti dell’opera d’arte, quelli espressi dall’originario creatore e dal contesto culturale.
Titolo
Un tesoro ritrovato. Nuove opere della Collezione Brignoni
Sede
MUSEC, Villa Malpensata, Riva Caccia 5 / Via Mazzini 5, 6900 Lugano
Date
15 febbraio 2019 - 8 marzo 2020
Apertura
Tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00, martedì chiuso