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22 ottobre 2011 - 26 febbraio 2012, Villa Ciani - Lugano
HAITI è il sesto episodio del ciclo espositivo «Esovisioni» del Museo delle Culture che si apre per la prima volta al colore e alla ricerca artistica di un fotografo contemporaneo. L'esposizione è frutto di un lungo lavoro di ricerca condotto dall'équipe del MCL a stretto contatto con Roberto Stephenson. L'artista, nato in Italia nel 1964, ha vissuto tra Roma, Londra e New York fino al 2000, quando si è installato ad Haiti e dove vive tuttora, sulle colline che sovrastano Port-au-Prince. La mostra "Haiti. Roberto Stephenson. Fotografie. 2000-2010" propone un viaggio nel paesaggio e nella condizione esistenziale della gente di Haiti oggi, attraverso 100 opere di grande formato realizzate negli ultimi dieci anni da uno dei più interessanti e originali fotografi dell'Isola. L'opera di Roberto Stephenson, di grande impatto estetico e poetico, supera i confini tradizionali del reportage e della fotografia dell'esotismo e riesce a restituire in profondità il gioco di contrasti e di contraddizioni, che costituisce la traduzione più immediata della percezione del contesto socio-culturale di Haiti.
Esposta anche dal 21 aprile al 20 maggio 2012 a Palazzo Bertalazone, Torino.
Il percorso espositivo si articola in quattro sezioni.«Volti» raccoglie le gigantografie di volti in primissimo piano di donne, uomini e bambini di Haiti, che sembrano interrogare il visitatore pur sapendo che non riceveranno alcuna risposta. Le vedute della capitale nella sezione intitolata «Port-au-Prince» si caratterizzano per l'evidente costruzione della realtà. Stephenson segue quasi una logica pittorica e usa sovrapposizioni, dissolvenze e accostamenti di immagini, giochi di forme, luci e contrasti che deformano l'oggetto e danno all'insieme un carattere quasi surreale. La sezione intitolata «Terremoto» presenta le immagini scattate nei giorni immediatamente successivi al sisma che ha devastato Haiti il 12 gennaio 2010. La sequenza è fortemente scandita, quasi ossessiva, e tenta di restituire il senso di smarrita incredulità verso l'evento, che è uno degli aspetti più nascosti della poetica di Stephenson. La sezione intitolata «Tende» è dedicata al reportage drammatico e al contempo poetico sui ripari di stoffa costruiti immediatamente dopo il terremoto, per difendersi dal sole e per dormire. Sono involucri effimeri, che non hanno altro scopo che segnare dei confini alla paura dei grandi determinismi naturali e al senso di angoscioso vuoto lasciato dal dolore nell'animo di un popolo infinitamente tormentato. L'ultima sezione del percorso espositivo, intitolata«Paesaggi», introduce volutamente una rottura narrativa con le opere delle sezioni precedenti. Qui le architetture degli uomini sono chiaramente sostituite da quelle della natura e -Stephenson sembra suggerire- anche del soprannaturale. Si percepisce una dolorosa indefinitezza, sospesa tra una fragile oasi di ricerca interiore e la consapevolezza di non poter trascendere le grandi forze della natura e della società.
Per un breve assaggio della mostra consultate il seguente link:
http://robertostephenson.com/lugano/gallery/index.html