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25 ottobre 2013 - 01 dicembre 2013, Spazio Officina - Chiasso
Nell'ambito della programmazione dello Spazio Officina di Chiasso è presentata una grande esposizione sull'opera di Gotthard Schuh, uno dei fotografi svizzeri più rappresentativi del ‘900 a cura di Paola Costantini e Jessica Anaïs Savoia. Gotthard Schuh (1897-1969). Il primo e l’ultimo viaggio. Bali 1938 - Venezia 1963 - ideata e curata dal Museo delle Culture della Città di Lugano per il ciclo Esovisioni, in collaborazione con la Fotostiftung Schweiz di Winterthur - è allestita allo Spazio Officina e offre la possibilità di seguire Schuh durante due tra i suoi viaggi più significativi: Bali nel 1938 e Venezia nel 1963. Il percorso si snoda attraverso 129 fotografie, alcune delle quali esposte in prima assoluta allo Spazio Officina.
Gotthard Schuh inizia la sua carriera di fotoreporter negli anni ‘30, focalizzandosi principalmente sulla realtà quotidiana conosciuta attraverso i suoi viaggi in Italia e in Europa centrale, per esempio a Parigi, dove ha la possibilità di ritrarre personalità del calibro di Picasso, Braque e Léger. Sono gli anni dei rotocalchi e della caccia alle immagini per raccontare fatti di cronaca e costume quando Schuh, già collaboratore di Vu, Paris-Match, Berliner Illustrierte e Life, comincia a lavorare anche per il settimanale Zürcher Illustrierte per il quale parte, il 16 marzo 1938, per un reportage in Indonesia, sulle isole di Sumatra, Giava eBali. Sarà un viaggio che segnerà profondamente la sua vita, a tre anni dalla diagnosi di una grave malattia, che non fermerà comunque la sua attività sino alla sua scomparsa. Il principale risultato di questa esperienza indonesiana è il volume Inseln der Götter pubblicato nel 1941, poi ristampato e tradotto in più lingue. Il ritratto che il fotografo svizzero traccia dell’isola di Bali, da lui stesso definita “l’isola degli dèi”, ci restituisce il concetto di gioiello incastonato in un mare luminoso, di terreni fertilissimi sulle pendici di vulcani ridotti a terrazze e di villaggi perennemente ravvivati da feste e cerimonie colorate in cui si percepisce la gioia di vivere. Questa visione esotica ha alimentato e sostenuto fino a oggi l’idea, o il mito, dell’isola dell’amore libero, del paradiso perduto e ritrovato, di un luogo in cui regna una sorta di magico equilibrio fra natura e cultura, al riparo dai veleni della civiltà moderna e dai suoi nefasti venti di guerra che in quel periodo soffiano sull’Europa.
Negli anni successivi Schuh si dedicherà alla raccolta dei suoi lavori in monografie, testimonianze dei suoi instancabili viaggi alla ricerca di un'idea di esotismo interiore, trovato anche in terre vicine, come nel Malcantone (Svizzera) e nell'amata Italia.Ed è proprio a una città italiana, Venezia, che nel 1963 Schuh sceglie di dedicare il suo ultimo reportage, pubblicato nella monografia Tage in Venedig del 1965. Ne emerge un ritratto del secondo dopoguerra, di una città non ancora segnata dall’alluvione del 1966 e non ancora investita dal boom economico che ne modificherà per sempre la percezione. È una Venezia popolata da riti quotidiani, dalla semplicità di gesti accolti con familiarità, dalle architetture millenarie, di cui Schuh ci restituisce un’immagine elegante, intima e armonica. Molte immagini richiamano alla mente tutto un mondo già colto dal fotografo in altri luoghi e in altri tempi - come ci si può attendere da un lavoro svolto verso la fine della vita: le luci dei cafés parisiens; la fatica del lavoro; le opere d’arte tipiche del luogo. La tensione verso l’invisibile extrastorico che permea tutta la produzione di Schuh qui è palese, ed è forse il segno dello sguardo che si sporge a guardare cosa c’è dopo, sul limite dell’ultimo viaggio, al termine della vita. Schuh si spegne a Küsnacht (Zurigo) il 29 dicembre 1969, lasciando centinaia di scatti di notevole bellezza e profondità.
In esposizione allo Spazio Officina, oltre a 60 fotografie su Bali di proprietà del Museo delle Culture della Città di Lugano, e 69 fotografie originali di prima tiratura, facenti parte del reportage veneziano di proprietà della famiglia Schuh e della Fotostiftung Schweiz di Winterthur, vi saranno anche la medaglia d’oro per la sua opera ricevuta alla Biennale di Venezia nel 1957, e la lettera del 1967 che riconosce a Schuh il titolo di Cavaliere del Lavoro della Repubblica Italiana per la qualità del ritratto dedicato all’Italia nel corso della sua vita. Inoltre, in mostra sarà proiettato uno spezzone del film documentario diretto dal regista svizzero Villi Hermann Gotthard Schuh. Una visione sensuale del mondo (2011).