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28 maggio 2009 - 28 giugno 2009, Triennale di Milano
L'esposizione temporanea "Fer forgé. Battito di Haiti", nata dalla collaborazione tra la Fondazione Francesca Rava - N.P.H Italia Onlus, Nescafé e il Museo delle Culture di Lugano, è il frutto di un lavoro di ricerca e di riflessione multidisciplinare su alcuni dei caratteri dominanti della cultura e della creatività dell'arte contemporanea di Haiti, visti dal di dentro e dal di fuori, ed espressi attraverso un gioco di contrasti e di contraddizioni che costituiscono la trasposizione più immediata della percezione del contesto e delle condizioni socio-culturali del Paese. A dialogare tra loro sono, da un lato, le fotografie e, dall'altro, le sculture metalliche e policrome che illustrano i paradossi, le contraddizioni e i talenti di uno dei cuori pulsanti della creatività dell'arte afroamericana contemporanea nel più ampio contesto del progetto umanitario e di economia sostenibile di cui l'esposizione è parte integrante.
Il percorso espositivo si articola in tre sezioni che corrispondono ai diversi momenti della riflessione artistica e culturale integrata nel progetto della mostra. Le prime due sale dell'esposizione presentano al visitatore una ridda di colori e di forme che costituiscono una sorta di conferma dei caratteri che l'immaginario collettivo dell'Occidente assegna della tradizione artistica delle Antille.
A parlarci, in un contesto sonoro di grande vivacità, sono le maschere del Carnevale di Jacmel e una serie di altre opere scultoriche realizzate con la tecnica della cartapesta. Nella terza sala, che è concepita come una sorta di «camera di compensazione», cinque grandi alberi di metallo battuto, ritagliato, inciso e dipinto ci anticipano il tema portante del percorso e, al contempo, ci introducono emotivamente alla parte centrale dell'esposizione che è stata immaginata come un momento di riflessione fotografica capace di restituire al visitatore il contesto in cui prendono forma le opere d'arte che sono in mostra.
Si tratta di una riflessione volutamente cadenzata fra due estremi: da una parte la scoperta, spesso sofferta, della condizione esistenziale dell'uomo haitiano; dall'altra i paesaggi urbani in cui le strutture architettoniche sembrano trovare una ragione d'essere nei contrasti di colore che generano nello spazio, piuttosto che in una funzionalità o in una storia che sembrano scomparire nell'evanescenza di un mondo popolato dai fantasmi della cultura.
Un percorso, dunque, fra presenza e assenza, leggibile da una parte nella serie di 40 fotografie in bianco e nero di Stefano Guindani, esposte nella quarta e nella quinta sala, e dall'altra nelle 16 foto a colori di Roberto Stephenson, esposte nei grandi corridoi che circondano la sala centrale, i cui formati lunghi e inusuali aggiungono, alla visione delle assenze, l'idea della fuga e dell'incapacità oggettiva della percezione dei fatti della cultura.
Nella grande sala centrale sono, infine, esposte 42 opere di metallo battuto, ritagliato e scolpito, ottenute a partire dai barili e dai bidoni reciclati, che vengono dal sobborgo suburbano di Croix-des-Bouquets, a nord di Port-au- Prince. Si tratta del nucleo portante di opere dell'esposizione che ci raccontano di un'arte sorprendente, che ha generato una vera e propria scuola spontanea, e che declina i personaggi dell'immaginario ideologico e sociale in forme semplici e fortemente espressive che tendono a staticizzare la complessità e il divenire delle cose. Pur nella loro accentuata bidimensionalità, le sculture ci rimandano a un universo eloquente di immagini interiori che l'allestimento cerca di valorizzare attraverso il ricorso alla proiezione in positivo e in negativo delle silhouette delle sculture, quasi a volere restituire, nel gioco delle ombre, la profondità dell'ispirazione culturale di cui esse sono innanzi tutto il risultato.
L'esposizione, il cui catalogo è curato dal Direttore del Museo delle Culture, Francesco Paolo Campione, è patrocinata dal Comune di Milano, l'EXPO 2015 e dal Consolato della Repubblica di Haiti a Milano.